Chi ha la fortuna di lavorare nella ristorazione, racconta il mondo attraverso la cucina e l’accoglienza. Viviamo in un millennio in cui, se non provi a sperimentare sui fornelli e cerchi di scoprire cose nuove, vieni considerato uno un po’ stantio, con le rotelle fuori posto. Molto spesso, tutta questa voglia irrefrenabile di andare alla ricerca dell’isola che non c’è, ci fa dimenticare da dove veniamo. Se non fai la tradizione a tavola non puoi rivisitarla. Dopo puoi usare le tecniche moderne per renderla più appetitosa, ma non puoi stravolgere ciò che la storia ci ha regalato nel corso del tempo. Molto spesso cerchiamo nei piatti moderni di dimenticare il percorso storico che la nostra regione ha vissuto pensando a ciò che è stato fatto in passato come cucina povera e rurale. In certi casi sì, ci dimentichiamo che proprio da questa lavorazione delle materie prime sono nati alcuni dei grandi classici regionali. La cucina è cultura, un bene immateriale che molto spesso viene dimenticato e sostituito da tutte le opere che nel corso della nostra vita ci hanno accompagnato come una scultura, un dipinto, un monumento.
In tutto ciò cosa manca all’enogastronomia?
Può un piatto segnare e scandire i tempi di un’epoca ben precisa? Da sempre, cibo e vino sono stati un connubio perfetto per prendere le decisioni più importanti nella storia, basta pensare ai Simposio che greci e romani utilizzavano per discutere argomenti di comune interesse. Può un piatto tradizionale essere paragonato ad un’opera d’arte? Si! Può un piatto di cucina tradizionale essere paragonato ad un libro di storia? Si. Può un piatto di cucina gourmet essere paragonata ad un’opera di arte moderna? Si.
Cibo e bevande sono molto altro, sono più di un’opera d’arte, sono collante tra generazioni diverse: passato, presente e futuro che si intrecciano in un connubio fatto di storia, arte, cultura, semplicità e magia.
Viviamo in un periodo storico dove molto spesso la semplicità viene messa da parte per dare ostentazione al lusso: in cucina dove tanti prodotti provenienti dal resto del mondo vengono utilizzati per arricchire i nostri piatti, tralasciando quelli che erano i sapori e le immagini tradizionali come le erbe spontanee, i profumi, le mani sporche di farina, l’arrivo del pascolo o semplicemente i canti dei contadini. Un ristorante gourmet può essere paragonato ad un museo d’arte contemporanea? Perché no. Il cibo, nell’epoca moderna, è visto molto spesso come prodotto della cultura.
Come dice lo chef Massimo Bottura: “L’ingrediente più importante del futuro è la cultura, perché produce conoscenza ed apre le coscienze. Nella cucina del futuro al fianco dell’estetica c’è una profonda etica”.
Quante volte sentiamo parlare di etica, di sostenibilità, di riduzione dello spreco nei ristoranti o nelle nostre cucine di casa? In tutto ciò la nonna, la mamma di famiglia o lo studente fuori sede deve cercare di sposare la causa della cultura intesa come conoscenza di ciò che si va ad affrontare. Un cuoco può essere “Etnotipo”? Analizziamo la parola: Etno primo elemento fondamentale per ricondurre l’appartenenza ad un territorio, ad un popolo, la parola tipo dal latino typus che significa impronta; carattere, figura, modello.
Quindi un cuoco può, attraverso i cibi, prodotti fondamentali della cultura, essere simbolo di appartenenza territoriale, modello di ispirazione delle nuove generazioni, forte figura caratteriale e impronta del futuro.