Questa mattina nella sala conferenze stampa di Palazzo Adorno a Lecce è stato presentato un intenso programma di riti religiosi e civili dedicato a Sant’Ippazio – protettore della virilità e della fertilità maschile, organizzato dal Comitato Festa Patronale e dalla Parrocchia, con il Patrocinio del Comune di Tiggiano, della Provincia di Lecce in collaborazione con PugliArmonica.
A Tiggiano (Le), piccolo borgo medievale del Sud Salento, a un passo dal mare Adriatico, incastonato nel parco naturale che si allunga tra Otranto è Il piccolo comune salentino è l’unico d’Italia a celebrare Sant’Ippazio e quest’anno lo fa dedicandogli ben tre giornate. La festa di “Santu Pati” nel Capo di Leuca, rito intriso di tradizioni antiche, di saggezza arcaica e di quelle consuetudini contadine che, tra fede e goliardia, rendevano meno duro il lavoro nei campi è il vero capodanno contadino del Salento.
Il programma si svolgerà nel centro del paese, tra la Chiesa Madre Sant’Ippazio, Piazza Olivieri, Via Sant’Ippazio e Piazza Mario De Francesco si parte mercoledì 17 gennaio con lo spettacolo della Banda Multietnica del Sud Salento in Chiesa Madre alle 18:30, seguito dal Concerto Bandistico Municipale Città di Taviano alle ore 19:00 e, a seguire, l’apertura dei Festeggiamenti con accensione dei bracieri monumentali e Havana Trio in concerto.
Si entra nel vivo il giorno successivo, giovedì 18, con la celebrazione del Capodanno contadino con prodotti tipici e buon vino a cura del Comitato Feste, dalle ore 19:00, e l’avvio della Sagra della “pestanaca” la carota giallo-violacea coltivata esclusivamente nel territorio locale inserita dal 2004 nell’elenco nazionale PAT-prodotto agroalimentare tradizionale. La sagra è a cura della Pro Loco Tiggiano. Nel borgo del basso salento a dettare il tempo è ancora il ritmo del calendario agricolo, della vita contadina di una volta e anche la devozione per il santo patrono è legata a un rito rimasto immutato da sempre e che si accompagna, ormai da più di vent’anni, alla Sagra della “pestanaca”. La carota giallo-violacea coltivata esclusivamente nel territorio locale simbolo del patrono della virilità e della fertilità maschile, taumaturgo, invocato contro l’ernia inguinale degli uomini un ortaggio, quindi, per un santo mediorientale. Il culto di Sant’Ippazio, d’origine turca, è infatti giunto insieme ai monaci basiliani nel Salento, dove è per tutti semplicemente “Santu Pati”, quasi un amico, un vicino di casa, ma soprattutto un confidente, un orecchio discreto al quale confessare le preoccupazioni più intime, i timori più nascosti, certi di trovare sempre ascolto e comprensione. D’altronde, non è un caso se la festa è anche un vero e proprio punto di riferimento temporale, infatti, uno dei proverbi del posto citava: “te Santu Pati, e fave chiantati” simboleggiava un consiglio dei contadini più esperti, che esortava a mettere a dimora le piantine di fave nel mese di gennaio per un raccolto rigolgioso.
Grande festa di chiusura venerdì 19 gennaio, giorno del santo, con un ricco programma di appuntamenti civili e religiosi tra cui, dalle ore 6 alle 13, la fiera mercato tradizionale, alle ore 15 l’innalzamento dello stendardo di 6 metri portato in processione con la statua del santo. L’appuntamento con le diverse squadre di portatori è sul sagrato della chiesa una vera e propria contrattazione, che si conclude con un pittoresco rullo di tamburi e l’uscita dello stendardo, mantenuto in posizione parallela al suolo per tutto il tragitto, dalla chiesa del santo patrono fino alla chiesetta dell’Assunta, dove poi sarà issato con un solo e deciso gesto dal portatore, che assicura così al paese ai cittadini un’annata prospera e un raccolto generoso. Una vera e propria prova fisica, salutata dalle campane e dagli applausi dei presenti, assiepati ai lati delle strade, che culmina nella processione accompagnata dalla banda e dai fuochi d’artificio. Dalle 19 la continuazione del Capodanno Contadino e alle 20:30 il concerto dell’Orchestra Popolare La Notte della Taranta e il finale con lo spettacolo di fuochi d’artificio.
A Tiggiano a dettare il tempo è ancora il ritmo del calendario agricolo, della vita contadina di una volta e anche la devozione per il santo patrono è legata a un rito rimasto immutato da sempre e che si accompagna, ormai da più di vent’anni, alla Sagra della “pestanaca”, la carota giallo-violacea, coltivata esclusivamente nel territorio locale simbolo del patrono della virilità e della fertilità maschile, taumaturgo, invocato contro l’ernia inguinale degli uomini. Un ortaggio locale, quindi, per un santo mediorientale. Il culto di Sant’Ippazio, d’origine turca, è infatti giunto insieme ai monaci basiliani nel Salento, dove è per tutti semplicemente “Santu Pati”, quasi un amico, un vicino di casa, ma soprattutto un confidente, un orecchio discreto al quale confessare le preoccupazioni più intime, i timori più nascosti, certi di trovare sempre ascolto e comprensione. D’altronde, non è un caso se la festa di Santu Pati è anche un vero e proprio punto di riferimento temporale, come testimoniano i proverbi di una volta, come “te Santu Pati, e fave chiantati”, un consiglio dei contadini più esperti, che esortava a mettere a dimora le piantine di fave nel mese di gennaio.
La tradizione vuole che, ambasciatrici e intermediarie per vocazione, siano le donne a farsi da tramite perché il santo interceda e guarisca i mali degli uomini: con discrezione, strofinano la statua di Sant’Ippazio con un fazzoletto, lo stesso che passeranno poi sulla parte da guarire dell’uomo di casa interessato. Per le mamme, invece, è consuetudine raccogliersi in preghiera insieme al piccolo maschietto di casa, nella chiesa di Sant’Ippazio, per evocarne la benedizione.
Fede, tradizione culinaria e rituali quasi pagani, si mescolano nei giorni della ricorrenza.
La cerimonia del santo patrono è anche un’importante vetrina commerciale, anche questa una consuetudine ereditata dalle “fere” di una volta, le fiere mercantili, appuntamenti importanti per i produttori locali. Durante i due giorni di festa, infatti, ci si ritrova anche ai banchetti della sagra, dove si espongono le “pestanache” in originali composizioni, nelle caratteristiche ceste di vimini. Un campionario di colori e genuinità, che punta alla salvaguardia della biodiversità alimentare, con la partecipazione degli agricoltori locali, fieri di fare sfoggio delle proprie produzioni.
Foto di Giuliano Sabato