Treni pieni, incontri, amici, compleanni, intrecci di vita vissuta che fanno da contorno alle nuove strade da percorrere. Succede sempre così, un fattore esterno ai propri piani di vita ti permette di conoscerla e vederla sotto un punto di vista diverso. Un po’ come nel famoso film Sliding Doors dove la protagonista Helen, interpretata da Gwyneth Paltrow, vede dividersi in due la dimensione della sua vita: così è stato per Marco Adamo.
Salentino di nascita ma romano di adozione, classe 1990, originario di Alliste, si è fatto coinvolgere nel mondo dell’arte. Restare aggrappati a ciò erano i suoi sogni da bambino diventare calciatore, costante sottofondo della sua vita, ha visto il pallone evolversi da mezzo con cui sognare a strumento di lavoro. La città eterna, rifugio sicuro per le delusioni scaturite della carriera calcistica, ha dato a Marco una seconda vita. Dapprima nel mondo della moda e della tv (Mister Italia e Temptation Island solo per citarne alcuni) per poi vedersi catapultato nel mondo dell’arte.
Già da piccolo un segnale era arrivato, tra sculture in gesso, acquarelli e distese di triangoli che si incastravano disegnati freneticamente a scuola per passatempo, ma il richiamo del pallone metteva un po’ in ombra quella sua vena artistica.
Una carriera promettente da calciatore, infatti nel 2010 approda in Serie D, interrotta nei primi mesi del 2011 con una squalifica di non poco conto. Mesi segnati da un travaglio interiore portano Adamo a staccare la spina e trovare rifugio nella capitale in occasione del compleanno di un’amica conosciuta durante un reality girato nell’estate 2015. La strana coincidenza del non trovare posto sul treno che lo riportasse a casa spinge Marco a restare a casa di un amico, quella sosta di poche ore si trasformano in una permanenza di tre mesi, trovando subito lavoro nel settore della ristorazione come cameriere continuando comunque a cercare di intrufolarsi nel mondo della tv e della moda. Il 27 gennaio 2017 un po’ per caso, un po’ per destino incontra Teldil, sua attuale compagna, una giovane mercante d’arte con la quale fu amore a prima vista come fu amore quello per l’arte.
Con le prime mostre ed i musei Marco lentamente scopre che le opere d’arte erano dei concetti che andavano oltre all’immaginazioni collettiva e fu subito affascinato e rapito. Il 2 ottobre del 2018 nasce la sua prima opera, preso dall’euforia del momento prende un pallone lo intinge nel colore e calcia su una tela. Lentamente Marco iniziano ad associare i ricordi del non essere riuscito a diventare un calciatore, a tutte le difficolta scaturite nel corso della sua vita, a delle potenzialità non
sfruttate ma la volontà del restare attaccato al mondo del calcio era tanto forte che la trasporta completamente nell’arte. Un pallone immerso nei colori e nelle miscele più disparate, calciato ripetutamente su delle tele appese: le varie sezioni del pallone, pentagonali o esagonali, danno vita a opere caratterizzate da un’inconfondibile impronta. Giorni di sperimentazioni portano Marco a creare un numero di opere che riscontrano successo a Roma e a livello nazionale. La svolta della carriera artistica è arrivata quando il presidente dei granata Urbano Cairo ha acquistato una sua opera d’arte. Trentuno pallonate bianche, su una tela color granata, per rendere omaggio agli eroi del Grande Torino.
Ad oggi, la sua opera più importante è installata presso lo stadio Filadelfia di Torino, avvenuto in occasione della manifestazione “Diamo un calcio alla SLA”. Pallone invece del pennello una caratteristica unica che contraddistingue Marco dagli altri artisti nel panorama nazionale: colori invece di fango con le divise che continuano a raccontare, giorno dopo giorno, tutti i calci ed i colori impressi su tela. L’amore per l’arte diventa viscerale e cresce sotto tutti i punti di vista. Nuove sperimentazioni, un piede che diventa sempre più preciso che ai tempi del rettangolo verde non era così decisivo. Tele, palloni e passione un connubio perfetto che vedono affrontare Marco una nuova partita piena di colori.