Non è sufficiente in provincia di Lecce l’azione di contrasto delle forze di polizia e della magistratura ma, il suo apporto, ha sicuramente continuato a condizionare le storiche compagini criminali e mafiose operanti nel territorio leccese.
Da quanto si evince dalle oltre cinquecento pagine dell’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia inviata al Parlamento, l’indagine “Final Blow” 187 del 2020 della Polizia di Stato in particolare avrebbe decapitato i vertici della criminalità organizzata dedita al traffico e spaccio di droga ed alle estorsioni, ma anche ad espandere i propri interessi nel settore commerciale ed imprenditoriale. Questo dimostra come, negli anni, anche la criminalità organizzata salentina abbia cambiato approcci e interessi, mutando verso forme di criminalità più raffinate.
Stando sempre ai contenuti della relazione della Dia, le cosche mafiose uccidono di meno ma i loro tentacoli si diramano sugli appalti per riciclare sempre di più il denaro accumulato coi traffici. La fluidità delle formule organizzative delittuose – si legge nel documento – riflette il particolare momento storico legato alle conseguenze della pandemia da Covid-19 tanto da configurare nell’intera area salentina un andamento mafioso che abbandonando i tratti predatori e militari, ha lasciato spazio a profili di impresa politico-criminale tendenti a ricoprire piena titolarità nei mercati.
La pandemia ha sicuramente generato problemi di liquidità per molte famiglie e, di conseguenza, per alcune imprese, facilitando l’apertura di un canale consentendo la creazione di un meccanismo di controllo del territorio da realizzarsi mediante forme di assistenzialismo economico alle persone in difficoltà da parte di clan sempre pronti a reimpiegare i capitali illeciti accumulati. Nella mappa geografica delle cosche, clan o famiglie legate al mondo della criminalità organizzata figurano anche Racale e Taviano (coi Troisi), Gallipoli (con i Padovano e i Tornese) e Presicce-Acquarica con i De Paola.