di Ornella Cacciatore – Facciamo un salto indietro fino a un’epoca in cui si andava piano e in cui c’era il tempo per sognare. Uno di questi sognatori è senz’altro Rocco D’Argento. Impiegato serio e attento di giorno, nel suo tempo libero si impegnò per realizzare un desiderio, riuscendo, dopo aver fatto esperienza nel campo, a trasformarlo in realtà. Stiamo parlando delle radio che negli anni 70 diventarono la voce attraverso cui molti giovani provarono a emergere dalla massa uniforme e far sentire le proprie idee. L’ho convinto a raccontarci come è stato essere dispensatore di leggerezza e fantasia creando la mitica Panda Radio.
Nascemmo nei primi anni 70 con l’unica finalità di tenere aggregati i ragazzi per evitare dispersioni e situazioni non positive.All’epoca c’era l’utilizzo del codice Q, una specie di trasmittente: chi aveva questo codice si teneva in contatto e io ce l’avevo. Ci vedemmo la prima volta in una specie di abbaino in via Marconi a Taviano, dove i contadini tenevano la roba e il figlio del proprietario, Dario Lecci, ci diede il permesso di insediarci. Da lì è partito tutto, con un’antenna CB. Avevo avuto un’altra esperienza con “CTC Ottaviano Radio”, legata all’Azione Cattolica, con Don Salvatore Barone. Facevo musica operistica (ho tanti dischi in vinile ora sparsi in tutta Italia, grazie ai viaggi dei miei figli) e con i ragazzi si dedicavano i pezzi. Coinvolsi i miei figli, Vito Cosimo e Alessandro. Sono nati nella radio e hanno cominciato ad apprezzare queste cose qui, non per inseguire la popolarità, ma per stabilire rapporti di amicizia e scambiare soprattutto conoscenza e cultura con tanta gente.
Come è nato il nome di Panda Radio?
Nacque all’inizio come “Prima-Vera-Radio”. Aveva però un certo non so che di contrapposizione verso l’esterno, come se noi fossimo veri e le altre radio no. Poi divenne “Radio Panda Stereo, la radio con le palle… a colori”.Il nostro slogan era: Potremo stupirvi con colori ed effetti speciali, ma noi siamo Scienza, non fantascienza. I nostri spot e programmi erano proposti e realizzati con la collaborazione e il contributo a livello di idee di tutto lo staff. La caratteristica dei nostri speaker era l’essere pionieri in quell’ambito: con i dischi trovati tra quelli delle nonne, senza mixer, addirittura con il microfono sul giradischi. E poi le radio cominciarono a nascere in altri paesi. Alliste, Melissano; c’erano tante radio. Tutte radio private. E hanno sfondato quelli che avevano possibilità di investire.
Questa radio era invece fatta per noi, per incontrare gli amici, per far nascere degli amori. Prima ci si incontrava sul Corso e poi si chiamava in radio per le dediche. Devo dire che probabilmente abbiamo anche fatto sposare parecchie persone. I nostri Dj avevano delle caratteristiche particolari. Non li sceglievamo, venivano lì e decidevano di collaborare. Partivamo da ciò che ci faceva piacere e cercavamo di condividerlo con chi ci ascoltava. C’era la musica classica che piaceva a me, musiche di altri tempi. Sono rimasto legato alla musica che sa essere poesia, alle canzoni che trasmettono emozioni. Oggi sento questa musica tambureggiante che non mi comunica nulla. Sono legato alle canzoni che aprono il cuore e devo ammettere che a volte sentirle mi fa scendere le lacrime. Chiudemmo negli anni 90 e la riaprirei se ne avessi la possibilità. Purtroppo all’epoca, quando ci si doveva registrare per la legge Mammì, mi vennero rubate le carte che certificavano la proprietà delle frequenze. Le avevo lasciate in un’auto che mi venne rubata e le copie lasciate in mano ad un “presunto” amico vennero utilizzate a suo beneficio. Non avevo nessuna prova che erano mie, ma comunque sono contento di aver creato quello spazio, di aver segnato un periodo, e di quello che ho trasmesso anche ai miei figli che nelle loro carriere (uno ha preso la Laurea in cinema ed è professore a Bologna) portano avanti il mio messaggio di condivisione e cultura.
Parlare con lui mi ha fatto tornare ragazzina. Quando anche io facevo parte di quei Dj improvvisati che cercavano attraverso la musica di sentire battere il cuore e volare le idee. Grazie Rocco.